27 Giugno 2008
Ad una settimana dal Maiale Day non si placano le proteste dei suinicoltori.

Non si ferma l’eco della manifestazione che ha portato in piazza a Torino oltre trecento produttori suinicoli per protestare di fronte all’impossibilità di far crescere e mantenere gli animali dopo i rincari di petrolio e mangime.  
Infatti, per effetto dell’aumento del 40 per cento nel costo per il gasolio agricolo e del 30 per cento dei mangimi, ai quali non è corrisposto un aumento dei prezzi alla stalla, gli allevatori perdono dai 30 ai 40 euro per ogni animale allevato. Una situazione insostenibile con il rischio concreto di estinzione per i maiali destinanti alla produzione ed al consumo di carne, salami e prosciutti Made in Italy.
Ricordiamo che il prezzo del maiale dalla stalla alla tavola moltiplica per cinque se si acquista la braciola, per dieci se si compra il salame e per oltre venti volte se è il prosciutto a finire nella busta della spesa. La carne rappresenta oggi la prima voce di spesa alimentare degli italiani alla quale viene destinato un quarto del budget per un valore di 106 euro dei 467 spesi in media ogni mese dalle famiglie per l'alimentazione. Ma, mentre aumenta la spesa del 2,4 per cento si riduce dello 0,2 per cento la quantità di carne suina e salumi presente sulle tavole nel primo trimestre dell’anno e sono a rischio di chiusura le stalle italiane, con una crisi che va dal campo alla tavola.
Il caro cibo riguarda dunque anche gli animali con il record storico fatto registrare dalle quotazioni di soia e mais che rappresentano la principale fonte per l'alimentazione degli animali negli allevamenti ed hanno fatto schizzare alle stelle le spese nelle stalle dove i maiali - sottolinea la Coldiretti - vengono pagati poco più di 1,2 euro al chilo, ben al di sotto dei costi di produzione, mentre i cittadini sono costretti a pagare oltre 24 euro al chilo il prosciutto.
“L'obiettivo resta quello d'inizio ristabilire il giusto reddito per i suinicoltori. – affermano il presidente e il direttore della Coldiretti regionale del Piemonte Giorgio Ferrero e Bruno Rivarossa - Il tutto, dopo aver dimostrato il senso di appartenenza alla categoria da parte degli imprenditori zootecnici e la capacità di aderire, compatti ad un progetto ed a battaglie comuni. Altri confronti sono previsti nel prossimo futuro. Si è scelta una strada difficile, pesante per gli allevatori, alimentata dalla disperazione ma è impensabile vedere negli scaffali dei negozi italiani che ben due prosciutti su tre provengano da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta e con l'uso di indicazioni fuorvianti come “di montagna” e “nostrano” ingannando il consumatore sulla reale origine. Serve dunque una carta d’identità per il maiale italiano dal campo alla tavola”.
La manifestazione di piazza CLN della scorsa settimana è stata solo un nuovo capitolo della vicenda che, si auspica, possa trovare presto una soluzione. Se così non sarà Coldiretti Piemonte presto avvierà nuove forme di protesta in difesa del Made in Italy e della suinicoltura piemontese e italiana.

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