18 Settembre 2020
Coldiretti Piemonte – agricoltura sociale: per nuovo modello di welfare serve sburocratizzare e procedere

La co-progettazione come utile metodo di lavoro

C’è chi si occupa di persone con problemi di dipendenza, di disturbi alimentari oppure chi si dedica all’ortoterapia, ippoterapia e altre attività con disabili fisici e psichici di diversa gravità, ma ci sono realtà che seguono il reinserimento sociale e lavorativo di persone emarginate oppure che puntano allo sviluppo di un’attività agricola volta al miglioramento del benessere o al sostegno nell’arco della terza età fino a chi si prende cura della didattica e dell’infanzia o, ancora, dell’inserimento dei rifugiati politici. E’ quanto emerge dall’analisi di Coldiretti Piemonte delle varie sfaccettature dell’agricoltura sociale, presentata durante “La vera agricoltura sociale fa bene all’Italia” presso il Circolo dei Lettori, a Torino.
In Italia, come ha illustrato il direttore della Fondazione Campagna Amica, Carmelo Troccoli, esistono 9 mila fattorie sociali con 40 mila persone che, nell’ultimo anno, attraverso l’agricoltura hanno migliorato la qualità della propria vita ed un valore economico di 1 miliardo di euro, di cui 600 milioni in prodotti e 400 milioni in servizi sociali svolti dalle imprese agricole.
E’ stata l’occasione per fare il punto della situazione rispetto a dove si è arrivati e a dove si potrà arrivare con Francesco Di Iacovo, professore di Economia e Politica Agraria dell’Università di Pisa, che ha spiegato, oltre ai riferimenti normativi, l’evoluzione dell’agricoltura sociale in questi anni e quali sono i nuovi modelli di sviluppo per un welfare sostenibile. Con Stefania Fumagalli, referente Agricoltura Sociale, sono state analizzate le buone pratiche piemontesi che, già da tempo, stanno creando cibo civile, aumento dei servizi nelle comunità e riduzione dei costi, benessere per le persone coinvolte nelle progettualità. Matteo Castella, presidente di Ue.Coop Piemonte, ha portato l’esempio di come la cooperazione vera possa dare importanti possibilità lavorative a quella parte di popolazione svantaggiata e a rischio emarginazione.
“La maggior parte delle esperienze legate all’agricoltura sociale si concentrano proprio al nord con il 52,4% - evidenziano Roberto Moncalvo presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa Delegato Confederale – e Coldiretti Piemonte è da oltre 8 anni impegnata ad attivare progetti in questo ambito tanto che si contano oltre 600 pratiche
già sviluppate. Il numero delle fattorie impegnate nel sociale sono in crescita costante e grazie al loro lavoro sono in grado di offrire un grande valore di servizi sanitari ed educativi attraverso l’impegno degli agricoltori con azioni di aiuto e sostegno a diverse categorie della popolazione che, ancora più in questo momento, hanno bisogno di un aiuto concreto a causa delle crisi economica e sociale provocata dall’emergenza Coronavirus. Ora, però, per dare concretezza ad un nuovo modello di welfare serve che si vada avanti a livello regionale, come abbiamo fatto presente alle Istituzioni nel corso dell’evento, per sburocratizzare le procedure e agevolare le imprese che si occupano di agricoltura sociale e che, grazie alla loro attività consentono, anche ad aree emarginate, di poter avere servizi utili a dare supporto a quelle famiglie che vivono situazioni di disagio. Investire in percorsi di agricoltura sociale significa riconoscere nei prodotti e nei servizi offerti dall’agricoltura un bene comune per la collettività fatto di tutela ambientale, di difesa della salute e di valorizzazione della persona. Agricoltura sociale, infatti, vuol dire parlare di produzioni e di economia creando valore economico da ridistribuire in valore sociale”.

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