13 Novembre 2012
ANNATA AGRARIA 2012: IN PIEMONTE AUMENTA DELL’ 8% LA PRODUZIONE E DIMINUISCONO DEL 10% I PREZZI IN CAMPAGNA

La scadenza di San Martino (11 novembre) rappresenta da sempre la fine di dell’annata agraria ed è quindi un’occasione per tracciare il bilancio dell’annata agricola appena conclusa.
“Complessivamente il 2012 è stato un anno in cui alcuni settori, hanno riscontrato forti difficoltà, altri invece hanno evidenziato segnali positivi – dicono Paolo Rovellotti e Bruno Rivarossa presidente e direttore Coldiretti Piemonte -  Sebbene dal punto di vista agronomico sia stato sostanzialmente una campagna produttiva con produzioni medio abbondanti, altrettanto non si può dire a livello economico e di quotazione dei prodotti agricoli nei settori bovini da carne, latte e risicolo. Andamenti più positivi si sono riscontrati nel settore cerealicolo, corilicolo, frutticolo e orticolo. Gli effetti negativi sull’andamento dell’economia reale generati dalla crisi finanziaria, hanno accentuato ulteriormente le difficoltà del comparto agricolo italiano, con remunerazioni che sono risultate tendenzialmente in ribasso, in modo sostanziale su alcuni settori.
Un’annata quella del 2012 che conferma ed accentua le difficoltà dell’agricoltura italiana. La produzione agricola, a livello nazionale, dovrebbe registrare un incremento del 7-8% in più rispetto al 2011 e i prezzi all’origine una diminuzione compresa tra il 8-10%.
Le imprese agricole, inoltre, segnalano una strutturale difficoltà a recuperare redditualità ed efficienza ed a proporre, quindi, innovazione ed investimenti.
Grosse difficoltà si stanno riscontrando sull’accesso al credito e di conseguenza sulla liquidità. I pagamenti sono sempre più dilazionati nel tempo (6 mesi nel caso della frutta). Con l’introduzione dell’articolo 62 del “Decreto liberalizzazioni” si spera, dopo un normale periodo di stabilizzazione, che i rapporti contrattuali tra le parti diventino finalmente chiari sia nella tipologia di fornitura, sia nei tempi di pagamento.
“Dal punto di vista più organizzativo sindacale concludono Paolo Rovellotti e Bruno Rivarossa – Coldiretti ha operato per dare valore aggiunto alla produzione agricola che ha subito una forte contrazione in termini di prezzi ed inciso quindi negativamente in termini di reddito. Abbiamo operato con convinzione sviluppando concreti contratti di filiera nei vari settori produttivi confermando un percorso già iniziato lo scorso anno per il latte, le nocciole, la verdura e gli ortaggi. Stiamo lavorando per la frutta con grandi gruppi agroalimentari. Abbiamo potenziato i mercati di Campagna Amica che oggi in Piemonte sono oltre 120 a cadenza settimanale e bisettimanale. Inoltre sono oltre 500 i punti vendita diretta del circuito di Campagna Amica. A queste realtà va aggiunto il grande lavoro di coordinamento e delle sinergie economiche tra i vari consorzi agrari del Piemonte”.

In Allegato l’analisi dettagliata dell’Osservatorio Regionale Mercati di Coldiretti Piemonte suddivisa per settori produttivi.

      
SETTORE FRUTTICOLO

Le forti gelate di inizio febbraio hanno pesantemente condizionato la campagna produttiva 2012. Le temperature minime registrate nell’areale frutticolo cuneese, comprese tra i -16  e i -23° C, hanno portato alla completa distruzione di molti giovani impianti di kiwi, melo e drupacee. Oltre a ciò, un po’ su tutte le colture, il freddo ha provocato delle cospicue perdite produttive che, per il kiwi, sono quantificabili in poco più dell’80% della P.L.V. attesa. Trattandosi di una forte gelata invernale da “inversione termica”, le aziende ed i frutteti posizionati in fasce altimetriche più basse, sono quelli che hanno avuto la peggio. Di seguito, un modello riepilogativo dei danni elaborato dai tecnici Coldiretti:

  ha
 
qli/ha
 
Prod. Attesa qli
 
rid. %
 
Prod. 2012  qli
 
Actinidia
 
3.929,28
 
250
 
982.320
 
80%
 
196.464
 
Albicocco
 
417,48
 
260
 
108.544
 
30%
 
75.980
 
Ciliegio
 
53,99
 
150
 
8.098
 
10%
 
7.288
 
Melo
 
3.364
 
450
 
1.513.800
 
10%
 
1.362.420
 
Nettarine
 
2.249,97
 
400
 
899.988
 
30%
 
629.991
 
Pero
 
657,1
 
400
 
262.840
 
25%
 
197.130
 
Pesco
 
2.214,41
 
400
 
885.764
 
40%
 
531.458
 
Susino
 
933,23
 
500
 
466.615
 
25%
 
349.961
 
TOTALE FRUTTA FRESCA
 
13.819,38
 
  5.127.969
 
34%
 
3.350.692
 

Pur essendo il danno complessivo, contenuto nel 34% della Produzione Lorda Vendibile attesa, va ricordato che, lo schema riepilogativo tiene conto dei soli danni per la corrente campagna mentre, laddove i giovani impianti sono stati estirpati o capitozzati, il danno alla singola azienda è ben superiore. Inoltre, soprattutto nel fondovalle, il danno è superiore e su ogni specie alcune aziende hanno visto azzerarsi completamente la produzione.
Grazie anche alla minore pressione produttiva, la campagna di commercializzazione 2012/2013, è da ritenersi nel complesso migliore della precedente ma, ancora una volta, si è evidenziata l’estrema debolezza della filiera produttiva provinciale, regionale e nazionale. Per quanto riguarda soprattutto la cosiddetta “frutta estiva”, le previsioni di produzione in ribasso facevano pensare ad una stagione commerciale molto migliore di quella che poi in effetti è stata; il gelo in Piemonte e nel sud della Spagna, le violente grandinate di giugno e luglio in Italia e Spagna ed il lungo periodo di siccità nel Sud Europa, hanno infatti ridimensionato ulteriormente il quantitativo prodotto ma, nonostante ciò, soprattutto per le pesche e le nettarine, il prezzo non è mai decollato. Questo mette ancora una volta in evidenza l’enorme debolezza strutturale della filiera produttiva e, nonostante le congiunture favorevoli, nessuno dei noti problemi è stato affrontato. Rispetto alla passata stagione i costi di produzione dovrebbero essere nel complesso remunerati (anche se i prezzi delle liquidazioni non sono ancora disponibili). Un po’ meglio è andato per le ciliegie e per le albicocche dove la congiuntura produttiva ha comunque portato beneficio. Mentre le susine cosiddette “estive”, a causa del gelo, hanno registrato un marcato ridimensionamento produttivo; per le susine “autunnali” il raccolto è stato quasi ovunque in linea con le scorse annate ed il calibro medio decisamente migliore della stagione precedente.
Per quanto riguarda le mele e le pere, il danno da gelo è stato molto più contenuto e, nonostante un leggero calo delle pezzature e delle produttività medie, il raccolto è stato soddisfacente ovunque; il mercato, soprattutto per le destinazioni “d’oltremare”, è stato subito molto attivo e fino ad oggi la remunerazione è marcatamente superiore a quella della passata stagione. Anche i consumi sono al momento molto elevati e ciò fa presupporre una ottima campagna di commercializzazione. Molte aziende hanno potuto concordare il prezzo minimo del prodotto conferito e, anche questo aspetto, fa ben sperare sulla campagna di commercializzazione in corso.
Per quanto riguarda invece il kiwi, oltre alle gravi e note conseguenze legate all’evoluzione della cosiddetta batteriosi P.S.A.(Pseudomonas syringae pv. Actinidiae), il gelo invernale ha provocato un forte ridimensionamento produttivo, come evidenziato dal precedente prospetto. Oltre a ciò, nelle zone collinari, del Cuneese in particolare, dove una parte del raccolto si era salvata, le forti grandinate di giugno e luglio hanno ulteriormente diminuito il potenziale produttivo. Nonostante la poca produzione, quasi tutte le partite sono state cedute con prezzo minimo definito. Passiamo ora ad una lettura più puntuale delle diverse specie frutticole.
Sulle albicocche il freddo di febbraio ha provocato una discreta riduzione della produzione, ma il problema principale della specie continua ad essere la moria delle piante che, annualmente, provoca un inarrestabile calo degli ettari coltivati e conseguentemente della produzione. La qualità della produzione è da ritenersi ovunque su ottimi livelli e, per quanto riguarda la campagna di commercializzazione, l’annata è da ritenersi buona.
Marcatamente migliore anche il mercato delle ciliegie che, ritornato nella abituale finestra produttiva, ha potuto godere di maggiori spazi di mercato e di migliori quotazioni.
Le cosiddette “susine damaschine”, hanno registrato un carico produttivo inferiore alla passata stagione (circa -20%), dovuto soprattutto al fenomeno dell’alternanza e ciò ha comportato per tutta la stagione una buona o discreta collocazione del prodotto.
Le altre varietà di susine a produzione estiva hanno, invece, registrato una marcata contrazione produttiva dovuta alla gelata di febbraio che ne ha favorito la collocazione sul mercato a prezzi soddisfacenti. Il mercato ha beneficiato dalla riduzione dei volumi causati anche da una diminuzione degli ettari coltivati a livello italiano ed europeo. Pur con una leggera diminuzione causata in Piemonte dalle gelate, la produzione delle susine della varietà Angeleno, è da considerarsi stazionaria. Il numero di frutti per albero è stato inferiore a quello delle due annate precedenti e ciò ha favorito la pezzatura media che è stata ovunque superiore. Il mercato un po’ statico nelle fasi iniziali è poi stato marcatamente più attivo, a partire dalla seconda decade di ottobre. Grazie alla migliore pezzatura ed alla migliore remunerazione del prodotto, la campagna commerciale si può definire positiva.
Per quanto riguarda il comparto pesche e nettarine, il 2012 è caratterizzato dalla minore produttività dell’ultimo decennio ma, nonostante ciò, la remunerazione prevista, anche se migliore della campagna precedente, unita al ridimensionamento produttivo permetterà a poche aziende di coprire i costi di produzione. Il clima caldo e favorevole ha incrementato il tenore zuccherino ma, purtroppo, le condizioni attuali del nostro mercato non sono riuscite a valorizzare neanche questo aspetto. Appare sempre più evidente come la forte deriva verso il mercato del basso prezzo, e della conseguente bassa qualità, non lascia intravedere per il futuro alcun miglioramento.
La campagna di raccolta delle mele è ormai terminata segnando in Piemonte, un sostanziale pareggio con l’annata precedente, che conferma le stime diffuse ad inizio agosto da Prognosfruit. La produzione europea è confermata in diminuzione rispetto alla campagna precedente, ed in netto calo rispetto alla media del quinquennio precedente. Ad incidere maggiormente sulla mancata produzione, sono il Trentino Alto Adige e la Francia. Il quantitativo totale di mele nel nostro emisfero si posiziona perciò al di sotto di sotto dei 10 milioni di tonnellate, inferiore al potenziale produttivo di 12 milioni di tonnellate e della soglia di 11 milioni di tonnellate, ritenuta dagli esperti come quantità facilmente collocabile sul mercato. La campagna commerciale, iniziata in Piemonte con la fine del mese di agosto, ha fatto registrare da subito buone quotazioni ed un’elevata richiesta. Mentre per le varietà del gruppo Gala la destinazione prevalente è stata oltreoceano e con la richiesta africana in forte aumento, per le altre varietà, si è smosso anche il mercato europeo. Anche il prezzo del prodotto destinato all’industria si è posizionato su livelli molto positivi e, ad oggi, anche se la campagna commerciale terminerà solo nei primi mesi del 2013,  tutto fa pensare a un’ottima campagna commerciale.
Per quanto riguarda le pere anche in Piemonte, come nel resto d’Europa, la produzione ha segnato una discreta diminuzione. Per la varietà William la produzione è diminuita di pochi punti percentuali, con quotazioni stazionarie per il prodotto destinato all’industria di trasformazione, ed un marcato aumento per il mercato del “fresco”. La varietà Abate Fetel, e la Conference, hanno invece registrato una netta diminuzione produttiva ed un buon miglioramento delle quotazioni. I prezzi finora registrati, si riposizionano nella media del quinquennio precedente e fanno prevedere una buona campagna di commercializzazione.
Secondo le previsioni di produzione, più volte aggiornate durante la campagna di raccolta ancora in corso, la produzione italiana di kiwi dovrebbe attestarsi di poco superiore alle 300.000 tonnellate (fonte IKO), mentre la produzione europea dovrebbe arrivare ad un quantitativo di poco inferiore alle 500.000 tonnellate segnando un -25, -30% rispetto allo scorso anno. I principali attori della diminuzione di produzione, sono la provincia di Latina (produzione record nel 2011) e la provincia di Cuneo ma, più in generale il Piemonte dove la produzione si è attestata su poco più del 20% della PLV attesa. La maggior parte della produzione italiana, grazie alla diminuzione produttiva, è stata contrattata nel momento della raccolta. Il mercato è partito un po’ in sordina, ma il quantitativo prodotto e la buona remunerazione in “campagna” fanno prevedere un buon andamento della commercializzazione: non va però dimenticato che, soprattutto in provincia di Cuneo, le esigue quantità raccolte dalle singole aziende, ben difficilmente saranno in grado di remunerare i costi di produzione.
Per quanto riguarda la PSA le valutazioni di impatto sono ancora difficili da prevedere ma,  anche per il kiwi, occorrerà per il futuro rivedere con estrema attenzione l’attuale impostazione dell’intera filiera produttiva, poco incentrata sulla qualità e, per questo, molto debole nel confronto con le altre realtà produttive.
Nel complesso per il comparto frutticolo la corrente campagna di commercializzazione, si presenta migliore per alcune produzioni e marcatamente migliore per altre ma, la perdita produttiva ascrivibile soprattutto alle gelate invernali provoca per le imprese una pesante difficoltà a coprire i costi di produzione. Rimangono poi ancora aperte e non sanate:
§ l’eccessiva frammentazione della filiera produttiva e la conseguente debolezza contrattuale;
§ la mancanza di politiche volte al miglioramento qualitativo ed alla conseguente soddisfazione del consumatore;
§ la problematica della gestione delle cosiddette “crisi di mercato” da parte dell’Unione Europea;
§ l’attuazione, soprattutto nel nostro continente, di politiche commerciali scorrette da parte di alcuni componenti del filiera commerciale;
§ l’estrema difficoltà nella caratterizzazione e nella promozione della nostra frutta.

Nel corso dell’annata è proseguito il consolidamento dell’attività dell’Osservatorio del Settore Ortofrutticolo, nato per volontà di Coldiretti Piemonte in collaborazione con l’Assessorato regionale all’Agricoltura. Si tratta di un organismo tecnico, composto dai rappresentanti delle associazioni di categoria, delle Organizzazioni dei Produttori e dai principali centri di condizionamento facenti capo all’associazione degli esportatori, con l’obiettivo di coordinare l’offerta locale e di rilevare le tendenze del mercato, fornendo indicazioni sulle dinamiche dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli e, soprattutto, sulle previsioni di produzione e sulle quantità in giacenza.
Parallelamente Coldiretti Piemonte sta portando avanti lo sviluppo di alcuni progetti di filiera che possano dare maggiore sbocchi commerciali al settore e diversificare il mercato, tradizionalmente incentrato sul “fresco”. Sono in corso contatti con alcuni operatori dell’industria di trasformazione con l’obiettivo finale di costruire una filiera sul territorio, per la produzione di trasformati di frutta e succo limpido. In questo modo si potrebbe arrivare a creare sia un prezioso strumento di regolazione del mercato, sia un nuovo veicolo per la promozione delle imprese agricole e del territorio.
Parimenti sul mercato del fresco, si stanno studiando nuove formule che possano dare maggiore visibilità alla produzione piemontese e che possano, nel contempo, individuare nuovi canali di distribuzione e recuperare il contatto con i mercati maggiormente votati al consumo di produzioni frutticole di qualità.

SETTORE ORTICOLO E PICCOLI FRUTTI

L’annata produttiva 2012 per il settore orticolo può considerasi nel complesso discretamente positiva. Il protrarsi per alcuni anni di trend negativi, in termini economici, con il conseguente leggero ridimensionamento delle superfici investite ha fatto si che, tolti brevi periodi, non si venisse ad avere un surplus produttivo e garantendo una sostanziale tenuta dei mercati e dei prezzi.
Il grande e prolungato caldo, che ha caratterizzato l’intero periodo estivo, ha creato in parte problemi produttivi e un concentramento delle raccolte per alcune colture, come nel caso del peperone, per altre problemi di allegazione, come il pomodoro, e l’anticipo dei cicli di produzioni per i cavolfiori estivi e le insalate.
Analizzando nel dettaglio i mercati dei prodotti a raccolta primaverile si sono registrate quotazioni che si aggirano intorno ai 3,00 €/kg per le fragole precoci, mantenendo per un buon periodo una remunerazione soddisfacente, poi in diminuzione durante il periodo estivo. Buone le quotazioni anche per gli asparagi locali che, lavorati, spuntavano prezzi di 3,50 €/kg. Anche i piselli primaverili, quotati tra 0,80 e 1,10 €/kg, hanno reso remunerativa la coltura.
Nel periodo estivo sono state sempre buone le quotazioni dei pomodori, come il cuore di bue che oscillava da 1,00 a 1,50 €/kg con rese soddisfacenti.
Ha sofferto il caldo estivo la coltura del peperone che, anticipando la maturazione, ha portato ad una concentrazione della raccolta nelle prime settimane di agosto e immettendo sul mercato ingenti quantità di prodotto, in un periodo che storicamente non assorbe grandi produzioni. Nel periodo autunnale, però, a fronte di una forte richiesta ha ripreso quotazione tornando a livelli di 1,50 - 1,80 €/kg per le tipologie quadrate tipo “Cuneo” e “Carmagnola”, e di 0,90 - 1,10 €/kg per la tipologia “mezzo lungo”. La coltura del peperone ha inoltre scontato la difficile situazione fitosanitaria, che per diverse problematiche sta rendendo sempre più complicata la coltivazione, specialmente per le varietà locali.
Decisamente positiva, rispetto all’anno scorso, la stagione del cetriolo che più di altre produzioni aveva pagato la crisi del giugno 2011 a causa dell’allarme per l’epidemia da escherichia coli. Quest’anno, data la scarsità degli investimenti, ha sempre registrato quotazioni interessanti intorno ai 0,40 - 0,50 €/kg per il prodotto lavorato in cassetta.
Mercato altalenante per le zucchine che hanno alternato periodi discreti (0,50 – 0,80 €/kg a seconda delle tipologie scure o chiare) a momenti più difficili (0,30 – 0,50 €/kg) che comunque rendono nel complesso una stagione discreta anche per questo ortaggio.
Anche per il fagiolo rampicante fresco le quotazioni sono state particolarmente altalenanti, registrando quotazioni tra 1,00 e 1,80 €/kg che, se non fosse per una netta diminuzione delle produzioni causate dalle elevate temperature estive, renderebbero la coltura economicamente interessante. Per la tipologia secca la carenza di prodotto ha spinto le quotazioni autunnali a 2,80 €/kg con punte fino a 3,30 €/kg  per il prodotto in campo delle tipologie Lamon e Billò. E’ proseguita anche l’attività di valorizzazione e promozione del Fagiolo Cuneo IGP da parte del Consorzio di tutela, a cui fa riscontro un sempre maggior interesse da parte dei consumatori e degli operatori della filiera.
Con l’attuale  campagna ha chiuso il primo bilancio anche la cooperativa Fagiolcoop delle Valli Cuneesi, nata per iniziativa di alcuni produttori che già da diversi anni si erano organizzati per commercializzare collettivamente i propri fagioli, in un’ottica di accorciare la filiera e saltare i passaggi dell’intermediazione.
Per gli ortaggi autunnali come cavoli, cavolfiori e broccoli le difficoltà sono state condizionate dal clima decisamente caldo di fine estate, creando in alcuni casi problemi di gestione della coltura ma con quotazioni comunque: 0,60 - 0,80 €/kg per i cavolfiori e broccoli e 0,4 €/kg per i cavoli verza.
Le liquidazioni dei mirtilli sono state invece buone, indicativamente, con una range che varia dai 3,00 ai 5 €/kg. Le quotazioni si sono mantenute in linea con quelle della annate precedenti, ma hanno evidenziato una maggiore stabilità. Se lo scorso anno i prezzi di inizio campagna erano stati più elevati, per poi avere un calo verso la fine, l’annata 2012, a fronte di quotazioni inferiori in partenza, ha concluso in crescendo. I volumi si attestano a circa 6.000 quintali, in linea con la media degli precedenti, nonostante il freddo abbia colpito alcuni impianti compensati però dall’entrata in produzione di quelli giovani. Anche quest’anno la qualità è stata buona.

SETTORE CEREALICOLO

Nei giorni scorsi il Ministero delle Politiche Agricole ha diffuso i primi dati sulla produzione cerealicola 2012/2013 sulla base delle informazioni fornite dalla Commissione europea e dall’IGC - International Grains Council. A livello mondiale il raccolto di cereali dovrebbe attestarsi sui 1.767 milioni di tonnellate, contro i 1.850 della campagna precedente. E’ prevista una produzione mondiale di frumento di 657 milioni di tonnellate, in lieve calo (-0,08%) rispetto alle stime di fine agosto (662 milioni) ma addirittura a -6% rispetto al 2011, quando la produzione si era attestata a 696 milioni di tonnellate. Occorre anche sottolineare che il 2011 era stato un anno record. Il calo mondale è legato sia ai problemi produttivi emersi nell’Unione Europea ma, soprattutto alle forti contrazioni verificatesi in Russia, Ucraina,  Kazakistan, Argentina e Australia a causa della siccità e compensati soltanto in parte dagli aumenti produttivi di Usa e Canada. Nei 27 stati dell’Unione europea il raccolto di frumento dovrebbe attestarsi sui 131 milioni di tonnellate (lo scorso anno era stato di circa 136 milioni). A livello globale le quotazioni di frumento si sono mantenute costantemente elevate, proprio per le preoccupazioni concernenti i raccolti e le esportazioni provenienti da Russia, Ucraina e USA, principali fornitori mondiali.
Sempre secondo le stime dell’IGC, anche per il mais si prevede una contrazione globale con una produzione di 833 milioni di tonnellate, a fronte di un 2011 in cui era arrivata a ben 875 milioni di tonnellate. Ancora più del frumento, il mais ha risentito del periodo siccitoso sia nell’Ue ma soprattutto negli Stati Uniti, dove sono previste, rispettivamente, 55 milioni di tonnellate (nel 2011 erano circa 60) e 275 milioni di tonnellate (nel 2011 erano 315). Il Brasile ha invece aumentato i quantitativi, passando da 60 a 73 milioni di tonnellate nel 2012.
Aumentano invece la produzione mondiale di soia, arrivata a 256 milioni di tonnellate e 19 in più dello scorso anno. Si prospettava un aumento ancora più consistente rispetto all’annata precedente ma, la siccità in USA, primo esportatore mondiale, ha ridotto lievemente le stime.
Sia per il mais che per la soia le quotazioni sono rimaste costantemente su livelli record.
A livello nazionale si registra un incremento di superficie e contestualmente di produzione nel frumento duro e tenero. Si prevedono 4,2 milioni di tonnellate di frumento duro e 3,5 milioni di tonnellate di tenero, con un aumento medio del 12 e del 21% in termini di produzione. Dei 3,5 milioni di tonnellate, circa 2,5 milioni sono stati coltivati nel Nord del paese. Mentre sono in diminuzione l’orzo e il mais. Il mais, peraltro, presenta forti contrazioni nelle rese a causa siccità e con il problema aggiuntivo della gestione delle contaminazioni da aflatossine in talune aree, soprattutto nel Nord Italia e, fortunatamente, con l’esclusione del Piemonte. L’orzo dovrebbe avere una produzione di 926 mila tonnellate, di cui un terzo provenienti dal Nord Italia. Il calo produttivo si attesterebbe mediamente al 2,5% rispetto al 2011, ma la contrazione per le aree settentrionali arriverà a quasi il 18%. Il mais dovrebbe avere una produzione nazionale di 8,5 milioni di tonnellate, di cui quasi 8 milioni coltivati nel Nord Italia, ma con una contrazione complessiva del 13%.
A livello piemontese la campagna di raccolta di frumento tenero e orzo, ad eccezione di alcune aree, è stata nel complesso ottima, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, e con ottimi riscontri anche dal mercato. La semina dello scorso autunno é avvenuta in tempo e su terreni asciutti; le successive piogge hanno favorito il germogliamento; l’inverno mite ha favorito lo sviluppo dell’apparato radicale, mentre la neve dei mesi seguenti ha protetto le colture dalle gelate di febbraio, garantendo in seguito l’apporto idrico alle piante. Con il caldo di marzo sono state scongiurate le problematiche fitosanitarie, così come le piogge di aprile ed le temperature elevate di maggio/giugno hanno favorito lo sviluppo delle cariossidi. Infine la trebbiatura nel mese di luglio é avvenuta con un clima asciutto senza problematiche di umidità. Mediamente si sono avute rese di frumento nell’ordine di 85 quintali/ettaro, con picchi di 90 – 100 quintali/ettaro nelle aree tradizionalmente specializzate e di 70 quintali/ettaro in quelle meno vocate. Gli accordi di filiera siglati dal CAP Nord Ovest, con il supporto tecnico di Coldiretti, con alcuni gruppi industriali sono stati ampiamente rispettati:
-          50.000 quintali con la Barilla per la varietà Graindor;
-          60.000 quintali con per la varietà Bologna commercializzata direttamente dal CAP Nord Ovest;
-          70.000 quintali con per la varietà misto rosso per la Distilleria Sacchetto;
-          10.000 quintali con il Molino Gabutti di Carrù per la varietà Graindor;;
-          8.000 quintali con il Molino Stenca di Cortemilia per grano di forza;
-          2.000 quintali per la produzione di grano da seme Illico commercializzata direttamente dal CAP Nord Ovest.
Tutti i disciplinari di produzione sono stati rispettati, grazie anche al supporto dell’assistenza tecnica Coldiretti. A partire da quest’anno i contratti sono stati estesi a un numero crescente di produttori della provincia di Torino, dando una dimensione sempre più regionale agli accordi di filiera.
Le quotazioni del mercato si sono mantenute stabilmente sui 25 €/quintale, con picchi anche di 27 €/quintale a seconda della varietà di frumento e del contratto. I produttori aderenti hanno, inoltre, potuto scegliere tra due modalità di definizione del prezzo: quello tradizionale delle Borse merci delle principali piazze nazionali, oppure attraverso le quotazioni del MATIF, il mercato a termine di Parigi, oggi sempre più il riferimento europeo per i cereali. Anche i contratti di filiera per l’orzo di qualità con particolari caratteristiche molitorie è stata anch’essa ottima. Circa 2.000 quintali di orzo sono stati conferiti al mangimificio del CAP Nord Ovest. I produttori, anche qui con la stipula di appositi contratti hanno avuto un prezzo nell’ordine di 22-23 €/quintale.
Dallo scorso anno, sulla scia dell’esperienza dei contratti di filiera sul frumento, ha preso l’avvio anche una nuova progettualità sul grano saraceno che, essendo privo di glutine, è fortemente richiesto dal mercato, in particolare per i soggetti che soffrono di celiachia. La produzione regionale, giunta quest’anno a 2.500 quintali, è stata eccellente ma diversificata sia per areali e tra prima e seconda semina. L’andamento climatico è stato tra i principali fattori che hanno condizionato la produzione.
Per quanto concerne la raccolta del mais in Piemonte, dopo gli ottimi risultati della passata stagione, l’attuale campagna può essere definita “variabile”. La produzione si differenzia, a parità di varietà di ibridi, da un’area all’altra. In alcune zone si sono riscontrate produzioni elevate, in altre sotto la media delle annate precedenti. Le cause sono imputabili a diversi fattori: in alcuni casi la partenza stentata della coltura, terreni non in tempera con umidità non adeguata, attacchi di elateridi, fallanze da marciumi e attacchi da nottue. A cui si aggiungono le grandinate e la siccità del periodo estivo. A livello di rese, nelle zone irrigue fertili, si è arrivato ad  una produzione media di granella nell’ordine di 170 – 180 quintali per ettaro, base 30% di umidità. Per quanto riguarda, sempre nelle zone irrigue fertili, il trinciato di primo raccolto ha raggiunto una produzione media di 680 – 910 quintali ad ettaro, quello di secondo, invece, si attesta a 575 - 625 quintali/ettaro. Nel complesso si tratta di rese mediamente inferiori agli anni passati. La qualità del mais é mediamente accettabile, migliore rispetto alle produzioni del resto del Nord Italia, dove invece si stanno verificando alcune problematiche per quanto riguarda i valori di aflatossine. Per ciò che concerne invece il fronte del mercato si stanno riscontrando quotazioni elevate, con la granella che è quotata tra i 23 e 25 €/quintale.

SETTORE CORILICOLO

La campagna di raccolta 2012, avviata dalla fine di agosto, ha evidenziato un calo del 15-20% della produzione piemontese, con un raccolto che si attesta sulle 14.000 tonnellate (lo scorso anno era stato di circa 17.000 tonnellate). Tradizionalmente vocata è la provincia di Cuneo che ha raggiunto le 9.600 tonnellate, concentrate soprattutto nell’areale delle Langhe (7.200 tonnellate), anche se sono in crescita le superfici a noccioleto nelle province di Alessandria e Asti.
Le cause del calo produttivo sono da imputarsi essenzialmente al freddo dei mesi invernali che hanno colpito gli impianti. Particolarmente sensibili alla contrazione produttiva sono stati gli impianti collocati nelle zone di pianura, così come quelli situati nelle aree collinari più elevate. Hanno invece mantenuto e, in alcuni casi, ottenuto addirittura una maggiore produzione i noccioleti situati nella fasce altimetriche intermedie. La qualità delle nocciole si è mantenuta mediamente buona, non raggiungendo tuttavia il livello qualitativo dello scorso anno, dove invece si erano ottenute ottime pezzature e rese alla sgusciatura vicino al 50%, nettamente superiori alla media storica.
L’annata è stata positiva sotto il profilo sanitario: le elevate temperature che hanno caratterizzato il periodo estivo hanno consentito la raccolta in asciutta, con percentuali di umidità molto basse ed evitando il verificarsi di problematiche quali marciumi o presenza di muffe.
Dal punto di vista economico il mercato non sta, al momento, dando ottimi riscontri come invece è accaduto lo scorso anno. Nelle ultime settimane le quotazioni si attestano su una media che oscilla dai 5,08 ai 5,17 €/punto resa, pari a 230 - 236 €/quintale per il prodotto tal quale, complice anche il ritorno a regime della produzione turca che, da sola, raggiunge il 70% delle nocciole dell’offerta mondiale.
Nella scorsa campagna di commercializzazione 2011/2012 i prezzi avevano raggiunto invece i 6,00 €/punto resa, pari a 290-300 €/quintale per il prodotto in guscio, con ottimi risultati anche per la commercializzazione della Nocciola certificate Piemonte IGP, arrivate a toccare il traguardo di 3.900 tonnellate e con un numero sempre più ampio di produttori aderenti al sistema di certificazione.
Le prospettive a livello mondiale, per la campagna in corso, non sembrano tuttavia evidenziare un verificarsi  di una possibile inversione dell’attuale tendenza del mercato.
Anzi, dall’annuale incontro bilaterale tra Unione Europea e Turchia, svoltosi il 21 settembre scorso a Bruxelles, é emersa sostanzialmente una ripresa della produzione mondiale, stimata in 911.800 tonnellate, per effetto soprattutto della Turchia, il cui raccolto si prospetta attorno alle 660.000 tonnellate, dopo la forte contrazione verificatasi del 2011 (430.000 tonnellate), anche se ben lontano dai livelli record raggiunti nel 2008 con 860.000 tonnellate e con una situazione degli stock di magazzino delle annate precedenti, fortemente ridotti rispetto allo scorso anno.
Non solo il Piemonte ma l’intera produzione italiana evidenzia una notevole contrazione. Per l’Italia, secondo produttore mondiale, dopo le 128.000 tonnellate del 2011, dato che aveva rilanciato la produzione oltre la soglia delle 100.000 tonnellate, è attesa una contrazione del 30% circa (110.000 tonnellate), con una buona qualità complessiva. In calo sono previste anche le produzioni di USA e Spagna.
In merito alla problematica delle aflatossine da più parti, Coldiretti in primis, sono stati espressi forti timori per la crescita della produzione turca che non consentirebbe, come invece avvenuto nel 2011, uno stoccaggio adeguato della grande quantità di nocciole attesa. Nel 2010 l’Unione europea ha ridotto dal 10 al 5% la percentuale dei controlli sul prodotto in ingresso di provenienza turca, sulla scorta di un miglioramento della situazione sanitaria del loro prodotto determinata, peraltro, anche dall’innalzamento dei limiti ammissibili avvenuto con il Regolamento UE n. 165/2010 e testimoniato dalla riduzione delle notifiche del sistema di allarme rapito UE (RASFF).
A livello territoriale è proseguita l’attività di Corilanga, cooperativa nata all’interno di Coldiretti con l’intento di realizzare progetto di filiera per la valorizzazione della Nocciola Piemonte IGP.  Confermati anche per il 2012 i due contratti di filiera per la fornitura di Nocciola Piemonte I.G.P. all’azienda Sebaste di Gallo d’Alba e alla Pernigotti di Novi Ligure, la cooperativa si sta strutturando per realizzare un impianto di trasformazione in modo tale da poter immettere sul mercato le nocciole già sgusciate e prodotti semilavorati, tutti rigorosamente di Nocciola Piemonte IGP. Anche nell’Alessandrino è proseguito il rapporto di collaborazione con Novi, stipulato nel 2010, e che proseguirà negli anni a venire grazie ad un crescente interesse dell'azienda dolciaria.
Di seguito il grafico riferiti alle quotazioni delle nocciole.

COLTURE INDUSTRIALI (pomodoro da industria e patate)

Per il pomodoro da industria, a fine marzo, é stato raggiunto l'accordo tra le organizzazioni dei produttori del Nord Italia e le industrie di trasformazione. Quest’anno la trattativa si è svolta su due tavoli distinti con gli industriali, rispettivamente con Aiipa e Confapi. Scelta voluta dalla stessa Aiipa a seguito della spaccatura creatasi all’interno della parte industriale. Ad inizio marzo si è addivenuti ad un primo accordo tra le industrie aderenti a Confapi e alcune O.P. (Organizzazioni dei Produttori), stabilendo un prezzo di 85 euro a tonnellata, a cui si è aggiunta la modifica dei parametri qualitativi, che concorrono alla formazione del prezzo, in modo peggiorativo per i produttori. Lo stesso accordo aveva fissato un prolungamento dei tempi di pagamento, al 15 novembre, 15 dicembre e 30 gennaio 2013, in contrapposizione con quanto previsto dalle nuove norme nazionali (articolo 62 decreto liberalizzazioni). L’accordo tra Confapi e alcune O.P. (Organizzazioni dei Produttori) del distretto Nord Italia riguardava solamente il 25% della produzione, mentre il nodo cruciale rimaneva l’interruzione delle trattative tra la delegazione delle OP e l’Aiipa. Negoziazione che interessava una quantità di pomodoro pari al 75% della materia prima trasformata dalle industrie private del Nord e che, in un primo momento, era in una fase di stallo con le parti collocate su posizioni molto distanti. L’interruzione della trattativa preoccupava gli agricoltori che, di fronte alle numerose incertezze, erano più propensi spingeva ad una riduzione delle superfici messe a coltura. Verso la fine di marzo anche con Aiipa si è raggiunta un’intesa, stabilendo un prezzo indicativo di 84 euro a tonnellata. Questo accordo, oltre ad una diminuzione del prezzo e una diversa modalità di valutazione del prodotto, più esigente rispetto alla campagna scorsa, ha previsto anch’esso tempi di pagamento ulteriormente dilazionati e aumenti delle penali. L’accordo con Aiipa ha peggiorato ulteriormente la scaletta qualitativa, già molto negativa del contratto tra alcune O.P. e Confapi.
Nel corso della campagna 2011 il prezzo indicativo di riferimento era stato fissato a 88,00 €/tonnellata,  con un incremento di 18 €/tonnellata rispetto al 2010, in virtù del cambiamento dell’aiuto comunitario. La campagna 2011 era stata infatti la prima, rispetto alle precedenti tre, con un sistema di aiuto comunitario totalmente disaccoppiato, con un’erogazione del premio a superficie (sulla base della media del triennio precedente 2004-2006) ed eliminando la componente relativa pagamento accoppiato legata al quantitativo conferito.
La delicata situazione contrattuale, sommata alle problematiche dovute alla lunga siccità che ha caratterizzato il periodo estivo, hanno trovato conferma nei dati a consuntivo. Gli ultimi dati relativi alla campagna del pomodoro hanno confermato una produzione nazionale che si verrebbe ad attestare complessivamente attorno ai  4,4 milioni di tonnellate, con una contrazione dell’12% rispetto al 2011. Un risultato tuttavia insperato rispetto a quanto ci si attendeva dopo la siccità di questa estate, quando il calo produttivo veniva stimato addirittura del 25%. A livello europeo è segnalata la sostanziale tenuta della Spagna a 1,9 milioni di tonnellate (-2%) e la crescita del Portogallo con 1,1 milioni di tonnellate (+11%). La California, primo produttore mondiale, cresce del 4%, con un raccolto inviato alla trasformazione pari a 11,5 milioni di tonnellate. L’evento che potrebbe cambiare la situazione sui mercati internazionali è il crollo della produzione cinese, passata dai 6,7 milioni di tonnellate del 2011 a 3,2 milioni di tonnellate della presente annata (-52%). Complessivamente la produzione mondiale passerebbe da 37,6 milioni di tonnellate del 2011 a 33,4 milioni di tonnellate, con una riduzione di 4,2 milioni di tonnellate (-11%).
Il Distretto del pomodoro del Nord Italia ha diffuso nei giorni i propri dati sulla campagna 2012: la superficie coltivata dalle OP associate all’organizzazione interprofessionale é stata di 33.464 ettari. Nell'ambito del distretto la regione Emilia Romagna si é confermata leader con 22.144 ettari coltivati, seguita dalla Lombardia, con 6.507 ettari, dal Veneto con 2.258 ettari e dal Piemonte, con 1.562 ettari. Il quantitativo finale di materia prima prodotta dalle OP del distretto é stata pari a 2.370.917 tonnellate. Rispetto alle quantità di pomodoro contrattate dalle OP, le quantità prodotte sono risultate inferiori del 5%, mentre rispetto al quantitativo prodotto lo scorso anno si é registrato un calo del 7,5%. La resa media si é attestata a 70,85 t/ha, in linea con la resa del 2011 (71,24 t/ha).
Analizzando più nel dettaglio la realtà piemontese, nell’Alessandrino che è la principale area di coltivazione, la produzione dovrebbe aver mantenuto sostanzialmente le rese degli anni passati, indicativamente sui 70 tonnellate/ettaro, negli areali dove si è avuta la possibilità di irrigare per far fronte alle elevate temperature estive e dove il raccolto non è stato danneggiato dalla grandine. Grandinate che, in alcuni casi, hanno causato un danno del 100%. Anche se generalmente si rileva un calo delle superfici mese a coltura, in linea con il trend nazionale, in alcune aree si riscontra invece una tendenza ad aumentare, soprattutto come alternativa al mais e per effettuare la rotazione colturale.
Anche nel Cuneese la produzione ha presentato un calo dovuto soprattutto a causa delle grandinate, le quali hanno investito circa il 50% della superfici con danni che oscillano dal 20 al 70% a seconda delle aree interessate. La disponibilità di acqua ha consentito di evitare il rischio danni da siccità. Pertanto, dove gli appezzamenti non sono stato colpiti da grandine, hanno mantenuto mediamente le rese degli anni precedenti, variando da 60 a 80 tonnellate/ettaro. Nel Cuneese la superficie investita è risultata di circa 100 ha ed in netta contrazione rispetto al 2011 (-23%). Il forte calo è dovuto, oltre ad un prezzo di riferimento inferiore rispetto agli anni precedenti, ad aspetti di natura logistica, mancando un centro di lavorazione territoriale e con le industrie di trasformazione concentrate soprattutto nelle altre regioni del Centro - Nord Italia.
Per quanto concerne il settore pataticolo, a fine ottobre è stato firmato l’accordo interprofessionale per le patate destinate all’industria per la campagna 2012, con validità anche retroattiva. L'accordo, sottoscritto alla presenza del Ministro delle politiche agricole da tutte le organizzazioni professionali agricole e le centrali cooperative insieme a Aiipa e Anicav, ha stabilito preventivamente i prezzi sulla base anche dei costi di produzione. Il prezzo indicativo varia dai 107 ai 150 euro a tonnellata, a seconda delle fasce di qualità del prodotto e a seconda delle opzioni di pagamento. Il quantitativo/obiettivo minimo è pari a 170.000 tonnellate, circa il 10% della produzione nazionale. Questo accordo interprofessionale si distingue dai precedenti per l'inclusione della recente disciplina introdotta dall'art. 62 del “Decreto liberalizzazioni”, per quanto riguarda i termini di pagamento e la forma scritta dei contratti di cessione. Si tratta del 24° accordo concluso con regolarità dal 1989. Dal 2012 é venuto a mancare il sostegno finanziario nazionale, che ha sempre accompagnato l’accordo, a seguito dell’Health check della PAC che impedisce formule di aiuto nazionali per finanziare le misure di gestione del mercato dopo il 2011. L’aiuto nazionale di alcuni milioni di euro non era destinato direttamente ai produttori ma completamente investiti per lo stoccaggio privato per regolamentare l’offerta, ricerca di nuove varietà, servizi di assistenza tecnica e logistica. Relativamente a quest’aspetto, il Ministero delle Politiche Agricole si è impegnato a sostenere, in ambito comunitario, gli adeguamenti necessari affinché il settore possa beneficiare della PAC (la patata non riceve alcun aiuto accoppiato come per esempio tabacco, riso e pomodoro, nocciole e, solo dal 2012, anche gli ettari coltivati possono essere considerati superficie eleggibile per il premio disaccoppiato).
            Analizzando più nel dettaglio il mercato, rispetto ad un anno fa gli scenari sono mutati considerevolmente. In Europa i principali paesi produttori, Francia e Germania in particolare, hanno registrato una considerevole contrazione dei volumi rispetto allo scorso anno, il che dovrebbe comportare un relativo equilibrio tra domanda e offerta e quotazioni di mercato interessanti per il prosieguo della stagione commerciale. Gli ultimi dati sulla produzione di patata da conservazione nel 2012 confermano il calo dei raccolti, legato prin­cipalmente all’andamento climatico e alla riduzione delle superfici coltivate. Secondo NEPG, lʼorganizzazione che raggruppa i principali paesi produttori del Nord Europa, in Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio ed Olanda, la produzione di que­sti paesi dovrebbe raggiungere complessivamente i 23 milioni di tonnellate, con un calo del 14,5% rispetto al 2011. La sola Germania dovrebbe registrare un ammanco di circa 140.000 tonnellate pari quasi all’intera produzione italiana. I paesi del NEPG rappresentano da soli il 60% del­le produzioni di patata dell’Unione Europea e sono i principali esportatori all’inter­no del mercato comune, con una quota pari al 90% del volume degli scambi. Il calo della produzione di patata registrato in Euro­pa, unitamente alle incertezze sul livello qualita­tivo del raccolto nord europeo, ha determinato il rialzo delle quotazioni del prodotto in tutti i mer­cati e la tendenza sembra destinata a proseguire anche nei prossimi mesi.
Anche a livello nazionale si evidenzia un calo del raccolto di quest’anno rispetto alla precedente stagione, ma con una qualità del prodotto generalmente buona. Lo scenario produttivo generale ha prodotto effetti positivi sul mercato italiano, con quo­tazioni posizionate su valori superiori rispetto a quelli della passata sta­gione, con un prezzo medio superiore di circa il 25-30% rispetto allo stesso periodo del 2011. Le attuali quotazioni del mercato non hanno impedito il regolare andamento delle vendite sia all’interno dei canali della GDO che nei principali mercati all’ingrosso.
Per quanto riguarda le piccole realtà produttive locali, coordinate dai vari consorzi di tutela, si riscontra una buona produzione, buona qualità e prezzi e con prezzi superiori allo scorso anno.

SETTORE CASTANICOLO

A livello nazionale la situazione del comparto presenta fortissime criticità con una notevole contrazione di offerta rispetto alle annate precedenti. Le cause principali sono legate principalmente a due fattori: il cinipide galligeno, il quale da diversi anni sta condizionando pesantemente la produzione, e la siccità dei mesi estivi. Tra le regioni maggiormente colpite vi sono il Lazio, in particolare la provincia di Viterbo, dove i danni sembrano arrivare ad una soglia dell’80%, e la Campania, in cui si stima il 70% in meno di raccolto.
In Piemonte, anch’esso tra le principali regioni produttive nazionali, si è verificata invece una prima, seppur parziale, inversione di tendenza. Rispetto alle scorse campagne, in cui si registrava una produzione pressoché nulla, emergono i primi segnali positivi. Nelle aree più vocate, ovvero nelle province di Cuneo e di Torino, si è avuta una raccolta scarsa se si considerano le medie storiche, ma significativa rispetto alle ultime annate, dove la produttività era prossima allo zero, sia per il cinipide galligeno e a causa di altre problematiche fitosanitarie come il cancro corticale, mal dell'inchiostro. Non ultimo elevate percentuali di marciume avevano caratterizzato la scorsa annata.
In provincia di Cuneo la produzione la qualità delle castagne è stata medio/alta: i problemi di marciume sui frutti sono notevolmente calati con incidenze basse, nell’ordine del 5%; dal punto di vista della produzione e della pezzatura si sono avuti buoni riscontri, e la lotta al cinipide galligeno inizia a dare i primi risultati.
Inevitabilmente i prezzi hanno risentito della scarsità dell’offerta verificatasi sia a livello nazionale ma anche europeo, come nel caso della Spagna, dove la siccità ha ridotto sensibilmente la produzione. Le quotazioni si attestano dai 3 - 3,5 €/kg per le castagne ibride belle a 2,80 - 2,90 €/kg per le mediane (media qualità), mentre per le castagne di montagna il prezzo medio è di 2 - 3,2 €/kg. Prezzi che confermano un indice di un buon andamento del mercato. Anche per quanto riguardo il prodotto secco si evidenziano quotazioni interessanti.
Situazione invece opposta in provincia di Torino, nello specifico la Val Susa, dove si riscontra un dimezzamento della produzione di marroni rispetto allo scorso anno. Le cause sono dovute principalmente al cinipide, giunto in ritardo di alcuni anni rispetto al Cuneese, in piena fase di espansione e alla presenza di malattie funginee che hanno portato ad elevate percentuali di scarto e a problemi di fioritura nel periodo primaverile.
Per quanto riguarda i due prodotti a marchio IGP presenti in Piemonte, Castagna Cuneo e Marrone della Valle di Susa, i quantitativi rimangono ancora esigui.

SETTORE FLOROVIVAISTICO

Il settore florovivaistico ha mantenuto anche per il 2012, in linea  con le annate precedenti, una  relativa stabilità nelle vendite, anche se l’acquirente si sta sempre più orientando su generi di prodotto diversi, in quanto il consumatore finale é sempre più preparato ed esigente in merito al giardinaggio e al verde. Si sta verificando un notevole avvicinamento del cittadino al mondo del florovivaismo, soprattutto come opportunità di relax e di evasione dallo stress della vita quotidiana.
Sicuramente é un settore che si sta evolvendo in base alle esigenze del consumatore e del mercato; una leggera diminuzione delle vendite si é verificata per quanto riguarda le piante ornamentali di grosse dimensioni da giardino. Il periodo di crisi ha avuto ripercussioni anche per il comparto, non tanto per la domanda, quanto legato a problemi di liquidità e con il prolungamento dei tempi di pagamento. Per quanto riguarda il mercato nazionale, il periodo  primaverile è stato positivo con una sostanziale tenuta, mentre nell’autunno si è verificata una certa flessione. Tiene invece l’export con destinazioni principali Francia, Germania e Turchia.
La soppressione dell’esenzione del pagamento delle accise sul gasolio per il riscaldamento delle serre ha comportato una notevole ripercussione in termini di costi di produzione. Il comparto da anni ha investito notevolmente in termini di promozione per diffondere tra i consumatori la coltura del fiore e del verde, a cui si aggiunge la partecipazione a numerosi eventi e manifestazioni sul territorio piemontese.
E' inoltre un settore  che vede inseriti molti giovani all' interno delle aziende e anche molte donne titolari di azienda.

SETTORE RISICOLO

Tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre è terminata la trebbiatura del riso. Dal punto di vista produttivo è stata una annata molto buona. Solamente alcune varietà di recente introduzione hanno avuto problemi di sterilità e quindi non hanno mantenuto le attese sperate, ma complessivamente è stato un buon raccolto. Siamo ritornati alla produzione del 2010, sorpassandola in moltissimi casi. Ha giocato favorevolmente il clima caldo protrattosi per tutto il mese di luglio e agosto. Tali condizioni hanno impedito lo sviluppo di malattie funginee, mentre la qualità è stata ottima. Si attendono perciò rese elevate, con pochissima presenza di macchiato. Nonostante la grande calura di quest’estate, i Consorzi irrigui sono riusciti a garantire, seppure con qualche riduzione obbligata, l’apporto di una quantità di acqua sufficiente, e questa riduzione non ha pregiudicato il raccolto, se non in zone limitatissime. I Consorzi irrigui hanno svolto un ottimo lavoro, ma in futuro occorrerà affrontare al più presto il problema, in quanto annate simili si stanno ripetendo con intervalli molto stretti e, non sempre si riesce a salvare i raccolti. Nonostante sia avvenuta una riduzione delle superfici a riso, a livello nazionale quest’anno si produrranno almeno 2 milioni di quintali in più rispetto al 2011, e ci si dovrebbe attestare intorno ai 15 milioni di quintali complessivo.
Avremo molto probabilmente una produzione da “interno” decisamente abbondante rispetto al necessario mentre, viceversa, le minori semine dei risi da esportazione non garantiranno volumi sufficienti rispetto alle richieste. Previsioni che, tuttavia, potrebbero essere prontamente sconfessate dall’andamento del mercato nazionale e dalle forniture che l’industria italiana destina alle piazze europee.
E qui sta il principale problema del comparto. Le prime quotazioni di mercato non sono assolutamente soddisfacenti,  con prezzi con valori assolutamente non remunerativi, e non giustificabili per le varietà da “interno”. Anche i tondi e gli indica hanno quotazioni decisamente basse. Sarà anche che la buona produzione ha costretto molti produttori a dover vendere parte del prodotto, in quanto i magazzini aziendali non erano sufficienti, ma per il momento il clima che si respira sul mercato di Vercelli e Novara non è dei migliori. Solamente nella scorsa settimana le quotazioni si sono mosse leggermente aumentando mediamente di 1 o 2 € al quintale.
Se lo scenario non dovesse mutare, nella prossima campagna si potrebbe assistere ad un ulteriore ridimensionamento della risaia italiana, oggi primo produttore europeo a favore, laddove è possibile, del mais e della soia. Con conseguenti problematiche di approvvigionamento e distribuzione dell’acqua irrigua.
Questa situazione di mercato, purtroppo, conferma il perdurare di una visione miope e poco lungimirante da parte del mondo industriale; visione che continua a volere un mercato con prezzi altalenanti, senza mai avere certezza e lasciando il mercato in balia di episodi e magari di speculazioni di sorta. Prezzi che non permettono una normale remunerazione del prodotto, specialmente quando tutti i costi di produzione sono invece arrivati a soglie di guardia.
In alcune zone del Vercellese, del Novarese e della Lomellina, si sono coltivate alcune varietà ibride americane (essenzialmente degli indica) che riescono a produrre con rese di 100 - 110 quintali per ettaro. Dal punto di vista produttivo sono sicuramente eccezionali, ma la qualità e le caratteristiche organolettiche del prodotto non sono sicuramente paragonabili alle nostre varietà. Vengono però quotate con prezzi inferiori (perché producono di più) ed hanno costi maggiori di produzione.
Alla luce dell’attuale situazione del comparto, per far si che le aziende tornino ad investire ed ad innovare, occorre dare una maggiore stabilità al mercato. Proprio in tale ottica, nel mese di marzo è nata, a Novara, la società di scopo “Filiera Italiana Riso Sca Spa”, realtà che si propone di dare un maggiore potere contrattuale ai produttori di riso.

SETTORE LATTIERO-CASEARIO

Nel mese di ottobre la Commissione europea ha diffuso i dati relativi alla produzione latte nell'UE per la campagna 2011/2012 (aprile 2011/marzo 2012). Sei stati membri, Austria, Irlanda, Paesi Bassi, Germania, Cipro e Lussemburgo hanno superato le proprie quote di produzione, innescando un "superprelievo" per un totale di circa euro 79 milioni di euro. Nonostante il superamento delle quote di questi stati, il totale del latte consegnato nell'Unione europea é rimasto ben al di sotto del volume globale delle quote (-4,7%).
Dal canto suo l’Italia, sempre per quanto riguarda la campagna 2011/2012, ha mantenuto seppur per poco la sua produzione al di sotto della propria quota nazionale. Anche nelle due precedenti campagne, complici anche le non esaltanti quotazioni del mercato, la produzione era rimasta al di sotto del limite fissato da Bruxelles. Ma già nella campagna 2011/2012 si era andati molto vicini a superarla, arrivando ad una produzione nazionale rettificata, cioè adeguata ai tenori di grasso, di 10.841.951,361 tonnellate mentre la soglia massima, il Quantitativo nazionale di riferimento per le consegne, era stato fissato a 10.883.073,85 tonnellate (importo che varia di anno in anno in base alle istanze di mobilità temporanee per le vendite dirette). Nel 2011/2012 la produzione italiana è rimasta nei limiti per sole 41.122,489 tonnellate.
Allo stato attuale, se dovesse mantenersi il trend di aumento della produzione, per l’annata in corso si arriverebbe ad avere un suprlus, con la conseguenza di dover pagare il prelievo supplementare. E in questi ultimi mesi la preoccupazione di splafonamento è una realtà che si sta facendo sempre più pericolosa. La conferma arriva dai primi dati parziali della campagna, aggiornati al mese di agosto (fonte Agea) in cui si rileva già una crescita: le consegne rettificate (da aprile ad agosto compreso), con una produzione di 4.598.968 tonnellate, evidenziano un aumento del 2,08% rispetto allo stesso periodo 2011/2012. Nonostante il gran caldo di agosto, che ha determinato un calo della produzione (per il periodo aprile/luglio si era registrato un aumento del 3,02%), il trend non sembra arrestarsi. Secondo quanto diffuso da Agea, a meno che non si verifichi nei prossimi mesi un’inversione della produzione, il rischio di sforamento della produzione sta diventando sempre più concreto, facendo scattare, conseguentemente, i meccanismi della compensazione nazionale (attualmente chiamata "restituzione") con tutti i suoi complicati calcoli di prelievo e delle diverse casistiche di priorità (in ordine: zone di montagna, zone svantaggiate, livello produttivo 2007/2008, limite 106%).
Per il Piemonte, nel periodo aprile/agosto 2012 la produzione ha raggiunto le 401.857 tonnellate, con un aumento del 2,88% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e, quindi, superiore alla media nazionale. A luglio 2012 la produzione cumulata (329.581 tonnellate) aveva raggiunto addirittura un +3,88% rispetto al 2011.
Anche nel corso dell’annata agraria 2012 è proseguito il progetto “Polvere di latte”, consolidando le proprie cifre, con un conferimento quotidiano di oltre 3.500 quintali di latte alla torre di sprayatura della Inalpi di Moretta da parte della Compral-latte, cooperativa nata dalla sinergia tra Coldiretti e APA. Prosegue per Compral-latte la retribuzione del latte attraverso il meccanismo del prezzo indicizzato anche se, nel caso specifico della cooperativa, sono stati introdotti alcuni sostanziali correttivi al sistema di calcolo originale.
Sul fronte della trattativa regionale, invece, se lo scorso anno il prezzo indicizzato era divenuto il riferimento regionale, altrettanto non si può dire per la campagna in corso. Coldiretti Piemonte sostiene fortemente l’applicazione dell’indice storico, il quale ha garantito e confermato negli ultimi anni la sua validità, mantenendosi perfettamente in linea all’andamento del mercato, non solo nazionale ma anche europeo e globale. Al momento la trattativa sta attraversando una fase interlocutoria che fa ipotizzare, verosimilmente, un’altra annata senza accordo regionale, come peraltro già avvenuto in passato, rimandando il tutto alla prossima campagna.
Da una media pura aritmetica il prezzo indicizzato (con parametri standard di proteine e grasso), l’annata agraria 2012, è di 39,62 €cent./litro.

SETTORE SUINICOLO

Il settore suinicolo, dopo un’annata agraria che nel 2011 aveva mostrato i primi segnali di ripresa, ha proseguito anche nel corso del 2012 la crescita. La conferma arriva anche dalla CUN – Commissione Unica Nazionale - di Mantova, che settimanalmente si riunisce per fissare le quotazioni del suino pesante da macello, da destinare alle filiere DOP. Nelle ultime settimane il prezzo è rimasto stabilmente al di sopra di 1,7 €/kg. Nel corso dell’annata 2012 il prezzo medio è stato di 1,48 mentre nel 2011 la media era di 1,37. Tali aumenti, auspicati da tempo dagli allevatori, sono stati però parzialmente ridotti a causa dell’aumento considerevole dei costi delle materie prime, mais in primis.
I suini da destinare ai circuiti DOP, Prosciutto di Parma e San Daniele in particolare, continuano progressivamente a scarseggiare. A dimostrazione del calo dell'offerta dei suini, si prevede un deficit di cosce DOP inviate  alla stagionatura, su base a annua.
Le cause della contrazione dei suini è dovuta principalmente alla chiusura di diversi allevamenti, per lo più piccoli e medi.
Secondo le previsioni, in Italia nel 2012, la produzione dovrebbe raggiungere 12.280.000 suini, con una contrazione del 3,5% rispetto al 2011. A livello europeo il numero dei capi dovrebbe essere di  252.700.000 di capi con un calo dello 0,4%.
Dal 1 gennaio 2013, inoltre, scatteranno le nuove norme relative al benessere all’interno delle scrofaie, che comporterà l’adeguamento delle strutture ante 2003. Tra le diverse misure vi è l’obbligo di aumentare le superfici nei locali di stabulazione per ogni singolo capo. Gli investimenti da effettuare alle strutture e la riduzione della consistenza, potrebbero avere come conseguenza un’ulteriore diminuzione dell’offerta. L’Unione Europea nei giorni scorsi ha dichiarato che sarà inflessibile sul rispetto delle norme per il benessere dei suini e che non sarà prevista alcuna deroga anche se non tutti i paesi hanno raggiunto il medesimo stan­dard di rispetto delle nuove norme sul benessere. Secondo gli ultimi dati forniti alla Dg Sanco - Direzione generale della salute e della tutela del consumatore dell’Unione europea - dalle autorità veterinarie naziona­li, 17 Stati membri hanno già dichiarato che saranno in regola col 1 gennaio 2013, mentre 7 Stati hanno comunicato che saranno a norma per il 90%. Due Stati hanno invece dichiarato che raggiungeranno un adeguamento per l'80%, mentre un paese non ha dato alcuna comunicazione a riguardo.
Prosegue invece l'attività di classificazione delle carcasse suine, avviata già a luglio 2011, con risultati sino ad ora positivi.
La suinicoltura piemontese, pur contando su oltre 1 milione di capi, per lo più suini pesanti, non ha ancora a disposizione una filiera territoriale strutturata. La maggior parte dei suini piemontesi vengono destinati alle filiere DOP o IGP realizzate fuori regione, le quali si ripartiscono l’intero valore aggiunto, senza alcuna ricaduta significativa per il nostro territorio.
A ciò si aggiunge un numero elevato delle importazioni di suini esteri, la mancanza dell’obbligo di etichettatura delle carni, ad oggi in attesa di essere applicata a livello nazionale e comunitario, ed anche una diversificazione della stessa filiera rivolta ancora principalmente al suino pesante.
Coldiretti Piemonte sta lavorando in questi anni alla realizzazione di una filiera locale che valorizzi il suino leggero piemontese (130 kg), per arrivare ad occupare una parte del mercato delle carni fresche e dei prosciutti cotti, oggi soprattutto ad appannaggio di produzioni provenienti dall’estero.
Diversificare l’offerta in modo da evitare la saturazione del mercato. E allo stesso tempo creare una realtà territoriale sostenibile, con definizione del prezzo che garantisca una ripartizione equa del valore aggiunto tra tutti i soggetti della filiera. Di seguito un grafico riepilogativo delle quotazioni 2012.

SETTORE BOVINO

Tra tutti i comparti regionali, il settore della carne bovina è l’unico che, con il trascorrere delle annate, mostra una maggiore staticità del mercato. Anche per l’annata 2012 è proseguito il trend negativo per gli allevamenti bovini. Le quotazioni di mercato dei bovini da macello (prezzo pagato ai produttori) hanno mantenuto i valori pressoché invariati rispetto allo scorso anno, mantenendo tuttavia una scarsa remunerazione, se si esclude nelle ultime settimane un leggero rialzo per il castrato.
Il mercato della razza Piemontese in particolare paga ancora una volta le tradizionali criticità, dovute all’elevata frammentazione degli allevamenti e alla scarsa organizzazione dell’offerta, se si escludono alcune realtà importanti di cooperazione tra i produttori. Le quotazioni sono rimaste ancora insoddisfacenti a cui si deve aggiungere l’aumento dei cereali, in particolare il mais, per l’alimentazione dei capi. Anche per gli allevamenti di francesi il mercato rimane difficile.
Sul fronte del mercato nazionale si rileva un calo generalizzato dei consumi nazionali. In prospettiva occorrerà perciò trovare nuovi sbocchi, soprattutto verso quei mercati dove il consumo di carne sta invece crescendo, come nel caso di Cina, India e Russia.
Per quanto riguarda la filiera locale, nel corso dell’annata è entrata in attività presso l’area mercatale MIAC di Cuneo il laboratorio di sezionamento della carni realizzato dalla cooperativa agricola Compral, composta da oltre 250 soci. Oltre al laboratorio di sezionamento delle mezzene, sono state create linee di lavorazione per la produzione dei tagli, per la porzionatura e il confezionamento in atmosfera modificata. Si auspica che la nuova realtà possa contribuire ad un miglioramento complessivo della filiera, soprattutto aumentando la presenza e a diversificare il prodotto “Made in Piemonte” all’interno dei canali della GDO.
 Coldiretti, anche sul comparto sta vagliando la realizzazione di accordi di filiera con alcuni importanti gruppi industriali di cui, nei prossimi mesi potrebbero emergere nuovi sviluppi.

SETTORE AVICUNICOLO

L’annata 2012 per il settore avicolo da carne, ha mantenuto il trend positivo delle precedenti due annate, con quotazioni medie addirittura in crescita. Da una sommaria analisi dei prezzi, nelle ultime settimane addirittura stabilmente a 1,26 – 1,28 €/kg, ha mantenuto una media di 0,80 – 1,10 €/kg, indice di una buona domanda, con consumi in crescita.
Anche il comparto delle galline ovaiole ha avuto ottimi riscontri dal mercato durante l’annata 2012. Le quotazioni delle uova sono aumentate sin dall’inizio del mese di gennaio, per poi mantenersi pressoché invariate per tutto l’anno. Le principali motivazioni sono da ricondurre principalmente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni sul benessere delle galline ovaiole stabilite dall’Unione europea. Dal 1 gennaio 2012 è scattato l’obbligo di elevare la densità minima a 750 cm²/capo per gli allevamenti in gabbia, in precedenza a 550, oltre a dover introdurre tutta una serie di accessori. L’adeguamento degli impianti per il rispetto dei nuovi standard ha comportato notevoli investimenti per le imprese e una riduzione dell’offerta complessiva nazionale e anche europea di uova, generando un innalzamento dei prezzi. Il mercato italiano, e così anche quello piemontese, se si è esclude una lieve flessione nel mese di giugno, ha mantenuto un trend costante di crescita, con quotazioni medie nell’ordine dei 0,15 €/uova per la categoria L. Ad inizio annata i prezzi, per la medesima categoria, si aggiravano nell’ordine dei 0,12 €/uova mentre, nelle ultime settimane sono stabilmente intorno ai 0,163 – 0,1650 €/uova.
Analizzando l’andamento del mercato cunicolo, il 2012 è da considerarsi un’annata critica. Dal punto di vista del mercato, anche per l’annata 2012, si registra l’andamento altalenante delle quotazioni della Borsa Merci della Camera di Commercio di Cuneo, con prezzi decisamente interessanti sia ad inizio che a fine campagna, nell’ordine dei 2,20 – 2,25 €/kg, mentre per il resto dell’anno si mantengono pressoché a 1,70 – 1,80 €/kg. Il periodo primaverile/estivo è tradizionalmente contraddistinto da un calo generalizzato dei consumi di carne di coniglio, che aumenta invece nell’autunno/inverno. Da un confronto dei prezzi medi dei conigli da macello sempre sulla base della Borsa Merci della Camera di Commercio di Cuneo rispetto al 2011 si rileva una crescita del 3% a cui però, si contrappone un aumento ancora più elevato dei mangimi impiegato nell’allevamento.
Per quanto riguarda il comparto dallo scorso 3 agosto 2012 ha preso il via ufficialmente la CUN Conigli, sulla falsa riga di quanto avviene per il settore suinicolo da alcuni anni. La Commissione Unica Nazionale Conigli, composta da 6 membri degli allevatori e da 6 in rappresentanza dei macellatori, si riunisce ogni venerdì a Verona con il compito di fornire il prezzo settimanale dei conigli da macello, sulla base del monitoraggio del mercato effettuato dalle parti e dai dati forniti da Ismea. Dopo una fase di avvio un po’ stentata, la CUN sta dando i primi risultati positivi e raccogliendo il plauso degli allevatori che ora possono contare su di un riferimento nazionale. La concretizzazione della CUN premia gli sforzi messi in campo in questi anni da Coldiretti, sin dall’inizio sostenitrice di questa iniziativa sia a livello nazionale che territoriale.
A sostegno dei commissari di parte allevatoriale della CUN, è proseguito il monitoraggio dei carichi settimanali di conigli avviato già lo scorso anno. Ogni settimana un numero sempre più crescente di allevatori di tutto il Nord Italia fornisce informazioni sui rispettivi carichi via sms, creando una vera e propria banca dati. I numeri aggregati, elaborati da Coldiretti, vengono successivamente inoltrati ai commissari  prima di ogni seduta della CUN, in modo tale che possano avere una situazione aggiornata del mercato. Ad oggi la banca dati monitora stabilmente più di centomila capi.
Di seguito un grafico riepilogativo delle quotazioni.

VINO

Una seconda annata consecutiva avara quantitativamente, quanto generosa in termini qualitativi. Così è risultata la vendemmia 2012 da poco terminata e con i giovani vini ottenuti che promettono grandi soddisfazioni anche ai palati più esigenti.
La campagna 2011 fece registrare un calo, rispetto la normalità, dal 10 al 20% in media e a seconda delle varietà e delle aree. In Italia venne toccato il minimo storico di circa 42 milioni di ettolitri, mentre il Piemonte si fermava a 2,68 milioni (l’anno prima, 2010, circa 3 milioni). Il minimo storico tricolore verrà ancora battuto poiché sono attesi dal 2012 solo 39 milioni e in Piemonte si dovrebbe arrivare a 2,5 milioni o poco di più.
Responsabile del calo quantitativo, in Piemonte, è soprattutto la siccità (anche se qualche gelata invernale ha colpito alcune vigne di fondovalle) di metà - fine estate, interrotta dalle piogge a vendemmia iniziata. Si è così evitato il precoce appassimento delle uve con conseguenti problemi di squilibrio sull’acidità e quindi sulla freschezza dei vini. Le piogge, seppur tardive, hanno consentito alla pianta di portare a maturazione ottimale i grappoli, come è emerso dal monitoraggio settimanale delle curve di maturazione effettuato dai tecnici Coldiretti in collaborazione con il Consorzio.
Un’interruzione forzata sui lavori di raccolta dunque, ben accettata dai viticoltori e premiata. Il livello atteso qualitativo è infatti balzato dal medio/elevato all’elevato/eccellente, ulteriormente confermato poi dalle temperature di settembre, rimaste mediamente alte, ma con escursioni tra il giorno e la notte. Una condizione ideale per l’accumulo del colore e per l’evoluzione armonica finale.
            Durante l’ampio arco vegetativo gli attacchi parassitari sono risultati sporadici, eccezione fatta per la flavescenza dorata, la nota fitopatia che non influenza negativamente la qualità dell’uva, poiché la pianta colpita perde la produzione, ma che sta colpendo duramente i vigneti, specie nelle aree dove questi non sono in monocoltura ed è più difficile controllare l'insetto vettore. Si fanno sempre più spazio protocolli produttivi con ridotto impiego di chimica e minimo impatto ambientale. Il consumatore conferma di gradire il “bio” e finalmente in Europa anche il vino, fino ad ora solo le uve potevano fregiarsi, potrà presentare la dizione biologico in etichetta.
In un comune dell’albese un progetto sperimentale di lotta alla tignola mediante confusione sessuale dell’equipe tecnica Coldiretti ha interessato oltre 160 ettari di vigneto e 40 aziende viticole. Gli esiti sono interessanti ed incoraggiano a riproporre ed estendere tale pratica.
Nel complesso, grazie alla professionalità dei viticoltori, la vendemmia ha potuto raggiungere un livello qualitativo tra l’ottimo e l’eccellente. Insieme alla quantità non abbondante ha vivacizzato un mercato che dava segni di stanchezza, ulteriormente appesantita dall’abbassamento di consumo procapite, attestatosi al disotto dei 40 litri annui. L’esportazione, specie dei vini a DOP è sempre brillante, anche se il trend di crescita (cambia di paese in paese, con apertura verso mercati più giovani), si è affievolito e il saldo generale resta positivo sui valori, mentre flette un po’ sui volumi rispetto l’anno prima. Anche i dati delle giacenze, che si abbassano, confermano che il periodo grigio (2008, 2009, 2010) dovrebbe essere ormai alle spalle.
Sebbene la quota delle uve oggetto di compravendita sia ridotta (dal 15 al 20% in media), durante la raccolta si è registrato un clima di rinnovato interesse all’acquisto e un aumento delle quotazioni piuttosto marcato. L’inversione positiva era attesa, soprattutto per quelle denominazioni che negli ultimi anni erano scese sotto il costo di produzione.
Gli accordi interprofessionali, come quello dell’Asti DOCG, si estendono anche ad altri vini come Alta Langa, Brachetto e  Gavi. Rappresentano il meglio per la gestione dell’economia vitivinicola, sia nel segno dell’equilibrio e della stabilità lungo tutto l’asse della filiera, che per le possibili sinergie promozionali. Insieme alle Camere di Commercio, Coldiretti e la filiera lavorano affinché in un prossimo futuro vi siano le condizioni per portare all’individuazione concertata di un prezzo indicativo, ante vendemmia per tutte le Denominazioni e le tipologie.

MIELE

La stagione apistica 2012 è stata caratterizzata da scarsi raccolti primaverili con produzioni molto limitate di tarassaco e ciliegio.
Il raccolto dell’acacia è risultato quasi ovunque circa 1/3 delle produzioni delle due annate precedenti (non dimentichiamo che l’acacia rappresenta per il Piemonte il raccolto principale dal punto di vista commerciale). Finalmente, invece, è stata positiva la produzione di miele di castagno, anche nelle zone dove per primo era comparso il cinipide. Le ottime produzioni possono essere attribuite a una diminuita recrudescenza della malattia e a condizioni meteorologiche ottimali. Molto abbondanti anche le produzioni di tiglio e quasi ovunque ottime le produzioni di alta montagna con la presenza anche di partite di rododendro. E’ mancata invece la melata d’abete. Nei raccolti della tarda estate, però, è comunque comparsa la melata anche in zone dove negli ultimi anni era latitante.
Mediamente, quindi, in Piemonte la stagione può essere considerata favorevole tenuto conto anche dell’ottima tenuta dei prezzi. Esaurite ormai tutte le scorte dei mieli di acacia, ceduta a prezzi record, e buona tenuta dei prezzi anche dei mieli di castagno e di melata che sono stati prodotti in abbondanza quasi solo nella nostra regione.

SETTORE BIOLOGICO

Il Piemonte nel panorama dell’agricoltura biologica si colloca al nono posto tra le regioni italiane, con un totale di 1977 operatori. Di questi, circa 1.323 sono produttori, mentre 396 sono invece i soggetti che, all’interno della filiera si occupano esclusivamente della trasformazione. A questi si aggiungono circa 231 produttori che svolgono anche fasi di trasformazione. Rispetto allo stesso periodo del 2011 il numero degli operatori fa registrare una variazione positiva del 1,6%. Di contro si registra una lieve riduzione delle superfici coltivate con il metodo biologico, che si attestano sui 30.947 ettari, con un -3,3% rispetto alla precedente annata. Le principali colture sono i cereali con una superficie interessata di 6.980 ettari, a cui seguono le colture foraggiere e altre colture da seminativi con 4.550 ettari. Le altre produzioni sono principalmente la frutta in guscio con circa 1.818 ettari, le colture industriali (patata e pomodoro da industria) con 746 ettari e gli ortaggi con 587 ettari.
Rispetto all’annata precedente le produzioni frutticole hanno fatto registrare un aumento del 6.3% interessando una superficie di 1.315 ettari.
Discorso a parte merita il comparto vitivinicolo che ha fatto registrare un aumento delle superfici coltivate impegnando 947 ettari con un incremento del 5,2% rispetto allo scorso anno. La vendemmia 2012, grazie all’introduzione di uno specifico regolamento comunitario (Regolamento di esecuzione UE 203/2012), sarà la prima nella quale in etichetta si potrà indicare “Vino Biologico” che andrà a sostituire la dicitura finora presente di “Vino da agricoltura biologica”. Un risultato molto importante per l’intero comparto a garanzia del consumatore che potrà grazie alla presenza di un etichetta chiara scegliere consapevolmente di acquistare il vino biologico.
Nel complesso si rileva un trend di crescita per le produzioni bio, tuttavia non ancora sufficiente a soddisfare l’elevata domanda del mercato. Le prospettive future mostrano perciò ampi margini di miglioramento, in particolare per il comparto cerealicolo su cui Coldiretti e l’associazione Terramica hanno lavorato per dare vita ad alcuni significativi progetti di filiera. Nel corso del 2012, per il comparto cerealicolo, oltre a registrare un buon successo dal punto di vista della produzione, sono stati stipulati importanti contratti di filiera con alcuni dei mulini maggiormente rappresentativi per il settore: il Mulino Marino di Cossano Belbo e il Mulino Sobrino di La Morra. I contratti di filiera hanno riguardato la fornitura di frumento tenero, orzo e grano saraceno. L’anno appena trascorso ha visto un aumento delle produzioni di farro monococco enkir che grazie alla stipula di un apposito contratto con il Mulino Marino sono state valorizzate sia dal punto di vista economico che da quello del territorio di produzione. La caratteristica di tutti i contratti, come già per le consolidate esperienze sui cereali convenzionali, è stata quella di valorizzare la qualità riconoscendo, oltre alle quotazioni espresse dalle principali borse merci di riferimento, premi qualità in base alle caratteristiche qualitative del prodotto conferito.

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