20 Giugno 2008
Maiale day: prezzi dalle stalle alle stelle.

Per combattere le contraffazioni e sostenere la produzione e il consumo di carne, salami e prosciutti Made in Italy al giusto prezzo, gli allevatori hanno portato i propri maiali nel centro di una grande città come Torino.         L'iniziativa è della Coldiretti che ha scelto una delle capitali industriali del Nord per dar vita ad un momento di sensibilizzazione nel corso della quale saranno anche disponibili informazioni su prezzi, produzione e consumi nonché consigli per gli acquisti, con l'obiettivo di evitare i rincari e le speculazioni in agguato a danno degli allevatori e dei consumatori.
In Piemonte, ogni anno, vengono importati dall’estero, pronti per la macellazione, qualcosa come 120.000 capi, a fronte di una popolazione di suini piemontese di circa 1.100.000 capi distribuita nelle 1.880 aziende del settore distribuite sul territorio.
Risultato, ogni anno una grande quantità di carne suina che viene lavorata e trasformata non è “Made in Italy” e tanto meno “Made in Piemonte”.
I maiali cresciuti in Italia vengono pagati agli allevatori molto meno rispetto allo scorso anno per un valore inferiore ai 1,3 euro al chilo mentre al consumo i prezzi non calano e i cittadini sono costretti a pagare da 6 euro al chilo per la carne fino, secondo l’osservatorio prezzi, a 37 euro al chilo per prosciutti, che spesso sono importati dall’estero e vengono spacciati come Made in Italy.
Secondo la Coldiretti nella insostenibile forbice tra prezzi alla produzione e al consumo c'è sufficiente margine per garantire una adeguata remunerazione agli allevatori e per non aggravare i bilanci delle famiglie.
“Una situazione che mette a rischio il futuro della prestigiosa salumeria Made in Italy ed è insostenibile per gli allevatori ed i consumatori poichè – precisano il presidente e il direttore della Coldiretti del Piemonte Giorgio Ferrero e Bruno Rivarossa - per la carne di maiale e per i suoi derivati infatti non è obbligatorio indicare l'origine in etichetta a differenza per quanto avviene per la carne bovina e per quella di pollo. Una grave mancanza di trasparenza che inganna i consumatori e danneggia gli allevatori italiani favorendo l'arrivo in Italia ogni anno dall'estero di milioni di cosce di maiale destinate spesso a essere spacciate come prosciutti Made in Italy perché non è chiaro l'obbligo di indicare in etichetta l'origine degli allevamenti”.
Infatti i dati sono eclatanti: nel 2007 sono arrivati in  italia quasi mezzo milione di suini vivi pronti alla macellazione e sono stati importati quasi 10 milioni di chili di carne fresca di suino. Cifre sicuramente ragguardevoli!
“Per non cadere nelle trappole di mercato e avere la certezza di consumare salumi ottenuti da maiali allevati in Italia, non basta richiedere prosciutto cotto, crudo o stagionato, ma – continuano il presidente Ferrero e il direttore Rivarossa - occorre scegliere prosciutti a Denominazione di Origine Protetta che sono riconosciuti dall'Unione Europea e individuabili dal marchio Dop”.
Questa crisi di mercato così prolungata nel settore suinicolo non è più sopportabile, sono anni che non si registra per il comparto un periodo così difficile. Sono quasi due anni che i suini vengono pagati al di sotto del costo di produzione, una situazione insostenibile: di questo passo le imprese non riescono a reggere il contraccolpo aggravato ulteriormente da un aumento sostanziale dei costi di produzione.
 
 
 
 

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