24 Settembre 2013
PROPOSTE DI LEGGE SULLA CACCIA: COLDIRETTI PIEMONTE SCRIVE AI 14 CAPI GRUPPO DEL CONSIGLIO REGIONALE

Tra le criticità generate dall’assenza del piano faunistico regionale vi è anche l’assenza di una legge piemontese che disciplini l’attività venatoria, tuteli il territorio e l’agricoltura, garantisca una miglior vivibilità di quanti operano soprattutto nelle aree dove la presenza di selvatici sta generando grossissimi problemi, sia in termini di danni ambientali che di sicurezza delle persone.
Da tempo la Commissione Regionale Agricoltura sta discutendo i vari disegni di legge, di cui uno della Giunta Regionale, senza approdare ad alcuna decisione.
Coldiretti Piemonte ricorda che non si sta approvando una legge per la caccia ed i cacciatori, ma un provvedimento che innanzi tutto deve tutelare il territorio e l’agricoltura. Su questo si esercita la caccia, la cui attività va disciplinata in modo tale da contenere i danni e diminuire la pressione della selvaggina, cinghiali e caprioli in particolar modo in alcune aree del Piemonte, nonché garantire la sicurezza dei cittadini evitando i troppi incidenti stradali.
Di qui, la lettera a firma di Roberto Moncalvo e Bruno Rivarossa, presidente e direttore di Coldiretti Piemonte, inviata ieri ai 14 Capi Gruppo del Consiglio Regionale al quale, in assenza di una proposta di legge approvata dalla Commissione, è stata demandata la discussione della nuova legge.
Dicono i due esponenti dell’Organizzazione agricola “La nostra desidera essere una proposta costruttiva per una equilibrata gestione del territorio. Tra le varie proposte, a nostra conoscenza, ci pare di notare uno sbilanciamento a favore di tesi di parte, a volte in direzione del mondo venatorio e altre nella direzione di un rigido ambientalismo. La nostra proposta cerca di inserire la caccia in un contesto di gestione equilibrata del territorio, soprattutto in riferimento alle specie selvatiche in esubero. Queste generano danni all’agricoltura, ma stanno causando incidenti stradali e in alcuni casi non è più garantita l’incolumità delle persone che operano nelle zone ove la presenza è particolarmente massiccia, nonché sono a rischio l’incolumità dei turisti che frequentano percorsi montani e pedemontani.”

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